Pubblicato su politicadomani Num 65 - Gennaio 2007

Nonostante tutto
Commercio italico d'armi verso paesi in guerra
Il caso Somalia

di F.S.

"Responsabilità italiane emergono dal nuovo rapporto Onu (metà di novembre): l'Eritrea che ha fornito alle Corti islamiche aerei da guerra smontati e spediti ufficialmente come pezzi di ricambio, nel 2005 ha acquistato dall'italiana Aermacchi (oggi Alenia Aermacchi S.p.A. una delle industrie aeronautiche italiane più conosciute nel mondo) componenti per i caccia MB 339, come registra la relazione annuale sul commercio di armamenti presentata dal governo. La vendita, per un valore di 1.138.000 euro, ha avuto regolarmente l'autorizzazione all'esportazione, secondo quanto stabilito dalla legge 185 del 1990 sul commercio internazionale di armi; un'autorizzazione che, però, deroga alla regolamentazione sulle forniture militari verso paesi destinatari di aiuti della Cooperazione Italiana". Così "Nubi Somale", un'inchiesta di RaiNews24 di Elisa Morincola a cura di Maurizio Torrealta, diretta ad accertare le responsabilità italiane nelle rincorsa agli armamenti nel Corno d'Africa.
L'inchiesta, andata in onda nella mattinata del 16 dicembre su Rai3, nasce dal e sul Rapporto del Gruppo di Monitoraggio incaricato dal Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite di vigilare sul rispetto dell'embargo sulla fornitura di armi a tutte le fazioni in lotta in Somalia. Il Rapporto segue la risoluzione Onu 733 del 23 gennaio 1992, quando il Consiglio di Sicurezza decise di imporre un embargo generale e totale su tutte le forniture di armi ed equipaggiamenti militari alla Somalia. "Osservatori della Nazioni Unite - riporta l'inchiesta - denunciano che il numero di armi è aumentato in modo esponenziale, sia tra i seguaci delle corti islamiche, che nelle forze del Governo Federale Transitorio (Somalo), riconosciuto dall'Onu ma preda dei signori della guerra sopravvissuti. Le violazioni all'embargo coinvolgono, oltre ai trafficanti, i governi dell'area, Eritrea ed Etiopia, ma anche Gibuti, Arabia Saudita e Yemen".

Riguardo le forniture provenienti dall'Italia, il rapporto Onu è assai dettagliato: cita le date in cui sono state spedite, (tra il 12 e il 16 ottobre 2005 e il 14 dicembre 2005), il porto e l'aeroporto dove è stata scaricata la merce (El Ma'an e lo scalo di Johar) e il materiale consegnato al Governo federale di transizione: 18 camion (riferisce Bruno Schiemsky, coordinatore degli ispettori Onu), un certo numero di casse lunghe, larghe e sigillate tenute sotto stretta sicurezza, tende e altre casse con scritte in italiano che attribuivano il contenuto all'Esercito italiano.

L'Italia si dichiara estranea alla spedizione dei camion, affermando che gli invii per aereo, sei in tutto, facevano parte di aiuti della Cooperazione italiana; e aggiunge "è possibile che un privato abbia esportato camion militari in Somalia", ma non dice chi sia né dà altre indicazioni.
L'inchiesta di RaiNews24 si avvale anche della collaborazione di Oreste Mazzi che dal 1989 va su e giù per la Somalia. L'uomo (stando al suo racconto), era sul posto quando sono sbarcati i camion, prima presentati come un dono dell'Italia, versione presto cambiata dalle autorità portuali, in un invio dello Yemen. Mazzi ha tentato di avvicinarsi alla colonna con la sua telecamera, ma è stato allontanato dalla scorta di miliziani che controllavano strettamente gli automezzi e il loro carico, subito partiti per Johar.
Secondo gli ispettori Onu, gli automezzi sono sbarcati a El Ma'an dalla nave mercantile Mariam Queen, nota localmente come Abu Maruyama. L'inchiesta prova che la Mariam Queen (piccolo cargo varato nel 1974) non è mai approdata nel nostro paese.

 

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