Pubblicato su politicadomani Num 59/60 - Giu/Lug 2006

IL VALORE DELLA COSTITUZIONE

di Costanza Calabretta

La Costituzione è legge fondamentale di uno Stato, è la radice su cui si fonda, su cui si ancora. Vi sono racchiusi i valori che la nazione rispetta e intende difendere. Disciplina i principali diritti e doveri dei cittadini e la funzione degli organi dello Stato (le Camere, il Presidente della Repubblica, il Governo, la Magistratura, gli Enti locali e la Corte Costituzionale). Rappresenta quindi una base razionale per i titolari del potere politico ed una garanzia per tutti i cittadini.
Le prime costituzioni sono state introdotte per limitare il potere assoluto dei sovrani nell'Europa dell'ancien regime, sotto la spinta dell’Illuminismo. Ne è un esempio quella francese (1791), degno frutto della rivoluzione, che ha per incipit la dichiarazione che gli uomini nascono e rimangono liberi ed eguali nei diritti. Precedente (1787) è la costituzione dei neonati Stati Uniti d’America, che oltre al primato temporale detiene quello della modernità: laica e liberale realizzava la lezione del filosofo John Locke, riconoscendo i tre diritti inalienabili dell’individuo (alla vita, alla libertà e alla proprietà privata). Un caso a parte rappresenta, invece, l’Inghilterra, priva di una costituzione esplicita, ma solo di leggi di riferimento e consuetudini, in virtù della sua lunga e radicata tradizione democratica.
Nel corso del Novecento, i diversi regimi totalitari che hanno soffocato l’Europa, hanno inferto duri colpi all’idea di costituzione come garanzia di libertà. Mussolini non abrogò mai lo Statuto Albertino apertamente e, del resto, anche Stalin diede (nel ’36) una costituzione democratica alla Russia, ma la teoria era smentita e stravolta dalla durissima repressione di ogni forma di dissenso e dalla costante limitazione delle libertà individuali. Dopo il crollo del fascismo e del nazismo (della dittatura dei colonnelli in Grecia e di quella di Franco in Spagna) si avviò in tutta Europa un processo di revisione e ricostruzione dello Stato (e quindi della sua Costituzione), in cui si affermarono i principi dell’anti-fascismo, cresciuti durante i cupi anni della guerra. Si confermò la concezione liberal-democratica dello Stato, con la preoccupazione di ampliare i diritti sociali dei cittadini.
Nel solco di questo processo c’è la genesi della Costituzione italiana, frutto del lavoro dell’Assemblea Costituente, dal giugno del’46 al 1 Gennaio del ’48, quando fu promulgata dall’allora Presidente della Repubblica Enrico De Nicola. La nuova Costituzione, che sostituiva lo Statuto Albertino, non poteva non porsi in netta antitesi con il regime di Mussolini: nasceva dall’esperienza forte della Resistenza, dal ferreo rifiuto del fascismo e dal passaggio, sancito dal referendum popolare, dalla monarchia alla Repubblica. Costituiva una felice sintesi di tre grandi correnti di pensiero, culturale e politico: liberale, socialista e cattolico. Valorizzava il ruolo degli elettori (mediante il suffragio universale, il referendum, e l’iniziativa popolare) e tutelava le minoranze, garantendo i diritti di libertà e d’associazionismo politico. Riconosceva il ruolo fondante dei diversi partiti e della loro alternanza al governo come ricchezza per lo sviluppo della società. La struttura interna della nostra Costituzione è divisa in due parti: una che sancisce i diritti fondamentali e gli indirizzi politici, ed una parte attiva che descrive la pratica legislativa. È detta, inoltre, rigida, perché protegge alcune leggi fondamentali dalle modifiche. Tuttavia, nel corso degli anni novanta, cominciò a delinearsi l’esigenza di rivisitarla, dopo i cambiamenti che hanno portato ad adottare un nuovo sistema elettorale per Camera e Senato. Il fallimento dell’apposita commissione bicamerale per la sua revisione ha lasciato, però, irrisolta la questione. Il dibattito è tuttora molto acceso fra chi difende ad oltranza la Costituzione e chi propone di operare alcuni ammodernamenti. Si dovrebbe cercare, nell’attuare quest’ultima via, di trovare la massima convergenza fra maggioranza e opposizione, per arrivare ad esiti il più possibile condivisi. Il percorso è complesso, anche perché la Costituzione è la colonna portante dello Stato e non si può rischiare di snaturarne i valori. Poiché, però, è anche un complesso tentativo di sintesi storica, è logico che possa essere modificata, per regolare società flessibili ed in costante evoluzione ed adattarsi alle diverse esigenze che via via si manifestano (un esempio: la costituzione francese del 1958, che consentì a De Gaulle, in virtù degli ampi poteri presidenziali che gli accordava, di uscire dalla crisi d’Algeria. Fu l’inizio della Quinta Repubblica).
Non andrebbe, infine, mai dimenticata la lezione del filosofo liberale Karl Popper, che criticando lo strapotere dei media (in particolare della tv) ci ricorda come la democrazia sia un cammino complesso, che procede attraverso prove ed errori, e non basta la Costituzione a garantirne il futuro: solo una profonda e salda cultura democratica dei cittadini può farlo.

 

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