Pubblicato su politicadomani Num 59/60 - Giu/Lug 2006

Carcere e minori
La peggio gioventù
Alcuni dati e qualche riflessione sul mondo della detenzione minorile, una realtà nascosta fatta di luci ed ombre

di Francesco Stefanini

"In galera provo tanta paura perché non posso fare colloquio con i genitori che mi danno tanto coraggio. Io non conosco il mio futuro perché ancora non ho fatto progetti e per questo sono molto preoccupato di non riuscire a realizzare qualcosa di buono. Io non ho paura degli altri: solo fare la galera mi fa paura". Così si racconta Luca. Un giovane di 19 anni che ora sconta la sua pena nel carcere per minori di Casal del Marmo a Roma.
Giulia De Marco - presidente del Tribunale per i minorenni di Torino - ricostruisce così la situazione penale dei minori: "Attualmente, nel nostro paese, il minorenne entra nel carcere minorile solo su provvedimento di un giudice. I minori fermati o arrestati dalla polizia finiscono invece al Centro di prima accoglienza, una struttura collocata in una sede distinta. Solo con l'udienza di convalida, entro quattro giorni, il giudice decide se applicare la custodia cautelare in carcere o altre misure: prescrizioni di studio o lavoro, permanenza in casa, collocamento in comunità.
Il giudice, all'udienza preliminare o durante il dibattimento, può sospendere il processo e decidere la messa alla prova per un massimo di tre anni. Il ragazzo imputato, seguito dall'ufficio di Servizio sociale per i minorenni (che dipende dal Dipartimento della giustizia minorile), si impegna per raggiungere degli obiettivi (studio, lavoro, volontariato, richiesta di perdono o risarcimento delle vittime) da realizzare in famiglia o in una comunità.
Se la prova ha successo il reato è estinto e dunque non compare sulla fedina penale. In caso contrario, riprende il processo ordinario e il ragazzo sconta la pena a cui viene condannato (per un minore, il massimo è ventuno anni). Per il recupero di un ragazzo in comunità si spendono 52-104 euro al giorno. Un adulto detenuto in carcere costa circa 260 euro".
Al 31 dicembre 2005, il numero di ingressi nei centri di prima accoglienza è stato di 3655 ragazzi, di cui il 42% di nazionalità italiana, ed il 58% stranieri. Tra i 1540 ragazzi italiani il 79% è di sesso maschile e il 93% proviene da un arresto, mentre solo il 5% e il 2% derivano, rispettivamente, da situazioni di fermo ed accompagnamento.
Al 31 dicembre del 2005 si contavano 1489 nuovi ingressi presso gli istituti penali minorili su tutto il territorio nazionale, di cui il 45% in età tra i 16 e i 17 anni.
Un lieve miglioramento rispetto alla situazione del 2004, quando i flussi di utenza dei centri di prima accoglienza a livello nazionale contavano 3866 ingressi, contro i 3655 dei del 2005, e il numero dei flussi di utenza degli istituti penali per minorenni contava 1594 ingressi, contro i 1489 rilevati al 31 dicembre 2005.
Indispensabile è menzionare l'altra parte della medaglia: il fenomeno del volontariato nelle carceri.
Con la quarta rilevazione sulla presenza del volontariato nelle carceri, proposta dalla Conferenza Nazionale Volontariato Giustizia, e realizzata con l'impegno delle strutture penitenziarie stesse sotto la Direzione Generale dei Detenuti e del Trattamento si è evidenziato come complessivamente i volontari e gli operatori di terzo settore attivi nelle strutture detentive del nostro paese nel 2004 ammontano pressoché a 7.800 unità e sono presenti in quasi tutte le strutture (98%), un dato più favorevole di quello rilevato nel 2003 (94%). Rispetto alle rilevazioni precedenti c'è però un'interruzione nel trend ascendente (-1,7%), compensato tuttavia da una maggiore stabilità a conferma della capacità delle forze della società civile di elevare la qualità dell'offerta trattamentale delle istituzioni del circuito penitenziario e della giustizia in generale.
E' un problema del volontariato che ha perso mordente per l'attività in carcere e preferisce operare sul territorio (misure alternative, recupero dopo la pena, intervento sulle famiglie etc…) oppure sono maggiormente selettive le autorità penitenziarie che preferiscono che il via vai degli operatori sia legato a progetti o eventi specifici? Si riduce inoltre lo storico svantaggio della Circoscrizione Meridionale rispetto al Centro-Nord. Infatti, a fronte del 45,5% degli istituti il Sud aggrega il 32,7% degli operatori non istituzionali - aliquota che era del 19,4% nella rilevazione precedente - mentre al 21,5% delle strutture penitenziarie del Centro corrisponde il 31,7% di tali risorse umane. Al Nord, invece, strutture e operatori della società civile incidono in misura equivalente sul totale nazionale. La significativa variazione a vantaggio del Sud dipende anche da una probabile sottostima del fenomeno meridionale negli anni precedenti. Tra le regioni spiccano in positivo la Toscana per numero assoluto di operatori, la Basilicata che ha il miglior coefficiente di presenza in rapporto ai detenuti e precede in questa graduatoria, oltre alla Toscana, Sardegna, Trentino-Alto Adige e Veneto, mentre, al contrario, il rapporto meno favorevole tra detenuti e operatori non istituzionali, si registra in Campania e in Molise.

 

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