Pubblicato su politicadomani Num 59/60 - Giu/Lug 2006

Notizie

 

La guerra infinita
"Il popolo palestinese a Gerusalemme, in Cisgiordania, e nella Striscia di Gaza è chiamato a pronunciarsi con un referendum, il 26 luglio, sul documento di intento nazionale noto come documento dei prigionieri". Abu Mazen ha annunciato così la decisione di affidare alla consultazione popolare la responsabilità di pronunciarsi sul contestatissimo documento scritto nel carcere israeliano di Hadarim. Il documento prevede la creazione di uno Stato indipendente palestinese su tutti i territori occupati da Israele a partire dal 1967, con capitale Gerusalemme. L'approvazione del documento comporterebbe però, di fatto, anche il riconoscimento dello Stato ebraico, ipotesi finora respinta con fermezza da Hamas.
Intanto in Palestina si continua a sparare. Un'azione dell'aviazione israeliana su una spiaggia di Gaza che ha fatto sette vittime, fra cu tre bambini, ha provocato la ripresa delle ostilità fra le Brigate Ezzedine Al-Qassam, braccio armato di Hamas e l'esercito isreliano. Intanto i movimenti pacifisti israeliani organizzano manifestazioni alle quali ha partecipato anche Dana Olmert, figlia del primo ministro israeliano.

Calciopoli
Luciano Moggi, l'uomo al centro dello scandalo che ha sconvolto il calcio italiano, si è rifiutato di rispondere alle domande dell'Ufficio Indagini della Federcalcio. Lo hanno reso noto la FIGC e il suo avvocato. "Big Luciano", le cui conversazioni telefoniche con arbitri e alti dirigenti avevano dato il via allo scandalo, era atteso per essere ascoltato dall'ex pm Francesco Saverio Borrelli, ma non si è presentato. Motivo? In seguito alle sue dimissioni dalla carica di direttore generale della Juventus, datata 14 maggio, il sig. Moggi si considera fuori dal mondo del calcio, non si sa se con effetto retroattivo. Nella lista degli indagati ci sono altre 40 persone tra cui arbitri, dirigenti e funzionari della Federazione. Nessuno però ha deciso di aiutare gli inquirenti con le proprie conoscenze. Tutti si dichiarano estranei alla vicenda. "Si è creato un muro difensivo concordato probabilmente da più persone, ma non mi aspettavo nulla di diverso dopo la pubblicazione delle intercettazioni sui giornali" ha dichiarato Borrelli. Intanto, mentre si fa strada, inquietante, l'ipotesi amnistia, è iniziato il mondiale di Germania.

Deserto, una ricchezza
Tanta energia solare da scaldare il mondo intero
Almeno un quarto delle terre emerse del pianeta (circa 33,7 milioni di chilometri quadrati) sono considerate desertiche ma potrebbero rappresentare un tesoro di risorse: per la produzione di energia, eolica o solare, per la coltivazione di piante medicinali e anche per l'allevamento di crostacei e pesci. È quanto risulta dal rapporto del Programma delle Nazioni Unite per l'Ambiente. Nel rapporto si afferma che le regioni desertiche del pianeta hanno grandi potenziali.
Nel Sahara si può accumulare tanta energia solare da fornire elettricità al mondo intero. Altre zone desertiche sono caratterizzate da luminosità e temperatura ideali per lo sviluppo di siti per l'allevamento di crostacei e di pesci, come avviene nel deserto dell'Arizona e in quello del Negev in Israele, e per la produzione di piante medicinali, come accade nel deserto di Sonora, nel nord-est del Messico. Qui il popolo dei Cocopah raccoglie per l'industria farmaceutica la nipa, un'erba medicamentosa che germoglia nell'acqua salata.
Nel rapporto ci sono però anche notizie allarmanti. Esse riguardano i cambiamenti climatici, l'utilizzo del deserto come terreno d'addestramento militare, carcere o campo profughi. Inoltre lo sfruttamento eccessivo della falda freatica, l'aumento della salinità e la riduzione della fauna, a causa soprattutto della costruzione di strade, dell'inquinamento, del turismo e della caccia stanno seriamente danneggiando queste aree.

Circo Picolino
La struttura accoglie minori strappati alla strada
Nella città brasiliana di Salvador, culla della cultura afrobrasiliana e capitale dello stato di Bahia, l'Elevador Lacerda, struttura art déco con ascensori che corrono lungo binari di cemento in meno di 15 secondi, trasporta ogni giorno più di 50.000 persone fra il porto e la parte storica della città posta più in alto. Poco lontano un tendone a strisce gialle, rosse e blu campeggia sgargiante sulla spiaggia di Tapuà. È un circo. Solo in apparenza un circo come tanti. Si chiama Circo Picolino ed è una scuola circense dove non ci sono né animali né gabbie. Nato inizialmente per insegnare ai ragazzi delle classi medie a diventare clown e giocolieri, grazie alla Ong fiorentina "Agata Smeralda", il Circo Picolino è diventato ben presto una struttura aperta all'accoglienza di tanti minori strappati alla strada. Qui i meniños de rua, i bambini di strada e senza futuro, afferrano una possibilità di salvezza, forse l'unica: imparano da esperti circensi un mestiere, divertendosi. Tre volte a settimana, 120 ragazzi vanno a scuola di circo. Dicono gli organizzatori: "Questa esperienza ha cambiato le loro vite. Erano i più indisciplinati e avevano molte difficoltà di inserimento scolastico. Ora sono i pilastri della scuola e del quartiere. Sono diventati una sorta di punto di riferimento, capaci di assumersi responsabilità. Sanno organizzare e coinvolgere. Sono loro, adesso, che invogliano gli altri compagni a studiare".

Albania
Secondo i parametri delle Nazioni Unite, l'Albania, deve considerarsi un "Least Development Country" ovvero all'ultimo stadio di "sviluppo". Questo a causa del reddito medio pro-capite annuo che è appena superiore alla soglia minima (600 dollari).
Il processo di crescita del paese ha avuto inizio nel 1991. Allora l'economia faceva registrare indici di rapido sviluppo. A livello macroeconomico si parlava addirittura di "miracolo albanese". Cosa che metteva in moto un processo di generale fiducia rispetto ai cambiamento in atto. Ma questa situazione positiva non era destinata a durare.
Nel 1996 le elezioni presidenziali furono precedute da episodi di violenza e caratterizzate da irregolarità. Nel 1997 crollarono le "società piramide", trascinando nelle loro macerie il mito dell'arricchimento facile. Il paese si ritrova sull'orlo di una guerra civile. Nel 1999 una crisi esterna, quella del Kosovo, fu all'origine di un'altra interruzione del processo di costruzione in atto nel paese.
In questo lasso di tempo l'Albania ha vissuto uno sviluppo non omogeneo. Le città hanno affrontato una serie di novità e i centri rurali hanno vissuto in una situazione di staticità: l'unico fattore dinamico sono state le partenze degli albanesi come emigranti.
Il primo problema che l'Albania deve affrontare oggi è quello di muoversi con le gambe dei propri cittadini perché lo Stato non ha più il ruolo chiave di livellatore sociale, proprio del passato, nella nuova società. Ma qui arrivano i problemi: il divario economico tra la popolazione è infatti il primo fattore di disgregazione.
Nei villaggi vive circa il 60% della popolazione ai limiti della sussistenza. Nelle città, invece, il sogno di indipendenza motiva soprattutto i giovani ad accogliere il cambiamento con spirito di adattamento e intraprendenza.
Riguardo alla religione, la libertà di professare il proprio credo è un diritto garantito ad ogni cittadino, ma la religione non occupa un posto di rilievo nella vita delle persone.
Nei confronti della passata dittatura c'è consapevolezza ma anche un atteggiamento di distacco.

 

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