Pubblicato su politicadomani Num 59/60 - Giu/Lug 2006

Lettere in Redazione

 

Gentile Mezzina,
in ricordo della vostra cortese ospitalità (nel corso della recente visita di Mons. Apicella alla redazione) desidero ringraziarla per l'invio dell'ultimo numero di "politicadomani". Devo, nello stesso momento e con la stessa cortesia, avvertirla che forse è meglio che risparmiate, per quanto mi riguarda, le spese di spedizione per il futuro. Purtroppo mi scopro, con l'età, un tantino intollerante e non riesco a compredere come il tentativo di dibattere e, se capisco bene, di intessere un dialogo culturale a 360 gradi possa essere di respiro così corto. Fuori di metafora, pensavo che foste "un po' de sinistra" ma francamente non sospettavo che lo foste in maniera così radicale. L'editoriale è un piccolo monumento al politically correct, con lodi spericate al nuovo che avanza, alla trionfale (?) elezione di Napolitano e con la solita solfa su un ex premier miope e prepotente (per non parlare degli ottimi Follini e Tabacci, che spero presto facciano outing e passino senza lasciare rimpianti dall'altra parte).
Ma questo, Gentile Direttrice, è ancora niente. Credo che Damiano Sansosti sia molto giovane e che pertanto non possa ricordare il 1956. Io non avevo compiuto ancora 15 anni e ricordo, come fosse oggi, che sentendo alla radio le cronache dei moti ungheresi, impiegai non più di 30 secondi a capire che i macellai erano quelli sui carri armati. Napolitano ha impiegato 30 anni a riconoscere che la repressione guidata dal partito comunista sovietico e avallata dal PCI fu una vera porcata. Certamente,. con il suo stile, non ha usato questa espressione, ma resta il fatto che dopo appena 30 anni (ha detto proprio così: appena 30 anni) ha dovuto riconoscere che fu un errore. L'età, comunque, non assolve Sansosti dalla colpa di ignorare la storia: Napolitano, a quel tempo, fu perfettamente d'accordo con la dirigenza del PCI che condannò come controrivoluzionari quei moti.
Dobbiamo sorbirci un Presidente un po' lento (30 anni per capire), ma perché devo leggere queste falsità storiche?
Con immutata cordialità
Paolo Paramucchi

 

Gentile signor Paramucchi,
premesso che la ringrazio per la sua franchezza, vengo subito a dirle che non condivido nemmeno un po' le osservazioni da lei fatte né il suo giudizio che "semo un po' de sinistra". Uno degli sforzi di questo giornale è cercare di capire e adoperarsi per superare gli steccati. Certo, anni di politica fatta di conflittualità esasperata e di legittimo sospetto sulla reale volontà di operare per il bene comune, alla lunga lasciano il segno. E non sono segni gradevoli. Come poco gradevoli sono i suoi giudizi diffusi un po' a piene mani.
L'episodio tragico che lei ricorda va consegnato alla storia per quello che è, né può essere dimenticato. Ma la storia deve essere solo un punto di partenza per affrontare il presente e programmare il futuro, non può seppellire il futuro nella costruzione di un presente impregnato di rancore. Ci saranno sempre divisioni ideologiche ma guai se queste si trasformassero in baratro. È la cultura del conflitto e della divisione senza possibilità né di intesa né di dialogo che questo giornale intende combattere. Intende invece portare avanti la cultura dell'incontro e della comprensione, che non è tuttavia del compromesso. E lo fa con una strategia particolare: coinvolgendo nella redazione tanti giovani, quelli che lei ha visto e anche altri che quel pomeriggio non erano presenti. Certamente, se il nostro giornale la disturba così tanto, se il nostro tentativo di aprire un contatto e di iniziare un dialogo le dà fastidio non possiamo che rinunciare a farlo nei suoi confronti.
Il nostro è un giornale gratuito, con i suoi limiti, anche grandi se vuole, ma è libero, con tutte le difficoltà che questa libertà comporta. C'è un'unica regola su queste pagine: l'assoluto rispetto per la dignità delle persone e l'onestà intellettuale. Valori non da poco che diventano esercizio quotidiano dei giovani. E anche questa è una cosa di un qualche rilievo.
Cordialmente, Maria Mezzina

 

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