Pubblicato su politicadomani Num 59/60 - Giu/Lug 2006

La degenerazione
Il grande business del calcio
Un’impresa produttiva con un utile netto di 137 milioni di euro e un incremento negli ultimi due anni del 35%, questa è la FIFA, la federazione mondiale del calcio

di Marco Vitale

Ricavi nel 2005 di 560 milioni di euro (aumentati del 18% rispetto a quelli del 2004); utile netto di 137 milioni di euro con un incremento del 35,5% rispetto al 2004; patrimonio netto (attivo meno debiti) di 295 milioni di euro. Queste cifre non sono di una profittevole impresa produttiva. Sono le cifre della FIFA, la federazione mondiale del calcio, un'associazione non profit di diritto svizzero, i cui stipendi sono confidenziali come si conviene ad un'associazione non profit. Questa associazione che gestisce il campionato del Mondo di calcio pagherà 15.7 milioni di euro alla squadra che vincerà il campionato del mondo che si aprirà tra pochi giorni in Germania; le altre 32 finaliste riceveranno compensi vari (con un minimo di 4.5 milioni di euro) in funzione del loro avanzamento nel torneo, ma, in totale, le 32 finaliste riceveranno 193 milioni di euro.
Queste cifre illustrano perché il calcio mondiale (e non solo quello italiano) non è più un semplice sport ma è diventato un grande spettacolo, ed un grande "business".
La magistratura ha fatto vedere, finalmente anche ai ciechi, di che profondità è stata la degenerazione del mondo del calcio italiano. Ma sarebbe profondamente errato interpretare queste vicende come una degenerazione locale di pochi uomini perversi. Certamente persone perverse ci sono e non poche ed a tutti i livelli. Ma il grande errore è stato di avere lasciato crescere il calcio come un grande business facendo finta che fosse uno sport autoregolamentato, come si conviene alle attività sportive. E quindi se vogliamo, come dobbiamo, salvare il calcio se non altro perché 40 milioni di italiani lo seguono con passione, non dobbiamo cadere nell'errore di pensare che fatta un po' di pulizia, cacciando qualche Moggi, le cose ritornino a posto.
Il lavoro da fare è di grande respiro, di lunga lena e ben conosciuto (dalla riforma radicale della Lega, all'adozione di una nuova forma societaria per i club adatta al tipo di attività, al risanamento dei bilanci, alla trasparenza contabile, alla riforma radicale dell'organizzazione arbitrale, al ripristino della vendita collettiva dei diritti TV, all'adozione di un progetto completo per il calcio amatoriale). Quattro anni fa fui tra i primi a denunciare pubblicamente che mai, da solo, il calcio sarebbe stato capace di riformarsi. "Dovrà intervenire, dissi, a piedi giunti la magistratura".
Ma ora dobbiamo porci una nuova domanda: sarà allora la magistratura a riformare e risanare il calcio? La risposta è negativa. Ed allora? Chi riformerà il calcio? La riforma la possono fare solo il Governo e il Parlamento imponendo, con leggi assennate, quei cambiamenti indispensabili, che il calcio da solo non è stato capace e non sarà mai capace di darsi. Ma, a loro volta, il Governo e il Parlamento, devono essere stimolati ad agire nella giusta direzione (anche affrontando grossi interessi contrari) da quella componente non piccola del calcio per bene, amatoriale e professionistico, e da quella parte di tifosi che ancora crede che non basti vincere ma che bisogna vincere pulitamente e onestamente.

[Tratto da un articolo scritto per Club 3, il 7 giugno 2006]

 

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