Pubblicato su politicadomani Num 59/60 - Giu/Lug 2006

Editoriale
Chi lascia la strada vecchia per la nuova...

di Maria Mezzina

Non c'è praticamente limite alla creatività italiana. Va dai mille espedienti con cui sbarcare il lunario alle battute e alle trovate. Fa parte della cultura popolare e di quella istituzionale. Siamo un popolo di creativi. Quando, quasi 150 anni fa Cavour riuscì a creare da un'accozzaglia di statarelli litigiosi un unico Stato - piegando ai suoi piani l'entusiasmo di un migliaio di scalmanati - compì un capolavoro di creatività, perché l'Italia che fece era solo un'espressione geografica. Tant'è che "fatta l'Italia, rimane da fare gli Italiani", diceva. Impresa non da poco, ché ci vollero ancora quasi cent'anni e due guerre mondiali perché quell'accozzaglia di statarelli e i loro abitanti diventassero "Nazione" e "Popolo". Ma il miracolo ci fu e fu suggellato in quelle poche paginette che chiamiamo Costituzione. Un'impresa, un monumento, un omaggio alla conquistata maturità di un popolo, a prezzo di tanti sacrifici.
Gli anni della ricostruzione e della crescita sono passati veloci. Ma, mentre la statura della Nazione cresceva, la gente italica è stata attaccata dal virus dell'egoismo. Cambiati i tempi, caduto il muro di Berlino, scambiata per via lastricata di successo la via del capitalismo irresponsabile e della finanza facile, in molti hanno pensato che il "fai da te perché è meglio per te e se è meglio per te è meglio per tutti" dovesse diventare la nuova religione (non il nuovo sport, ché quello, bene o male, rimane sempre la partita di calcio). Solo che, mentre pensavamo di salire la china e di salire, salire, salire ... come ci volevano far credere, a un certo punto ci siamo trovati con il sedere per terra.
"È colpa di Roma ladrona, è colpa dell'Europa, è colpa dei comunisti", hanno cominciato a gridare. E gli italiani dietro a credergli. È colpa dei politici, è colpa della magistratura, è colpa del sistema elettorale, è colpa della Costituzione. Bisogna cambiare! E allora giù, dài a cambiare. I partiti hanno cambiato nome e simbolo, e ora ce ne sono molti di più. I politici e gli imprenditori hanno cambiato mestiere: gli imprenditori si sono messi a fare i politici e i politici gli imprenditori. Sono cambiati gli esami di maturità ed è cambiata la scuola, si studia molto di meno. È cambiata la legge elettorale: i partiti scelgono, e i cittadini mettono solo una croce e non scelgono più.
È cambiata anche la Costituzione perché ci hanno detto che bisogna cambiare l'Italia e farla diventare federale, cioè ognuno per sé e buona fortuna, e che bisogna garantire il Governo, cioè chi comanda, con buona pace di tutti.
Ce l'hanno cambiata la nostra Costituzione, poveretta, che stava lì e non faceva male a nessuno. Anzi, se qualche capo di Stato voleva tirare fuori discorsi antiquati come la giustizia, l'uguaglianza, l'unità, la solidarietà, si rifaceva proprio a lei, alla Costituzione. Ma gli davano retta in pochi. Ce l'hanno cambiata fra un piatto di fagioli con le cotiche, una bruschetta e un bicchiere di vino.
E poi è successo il finimondo. Banchetti del SI, con gli amici degli amici del bar, e banchetti del NO, con i soliti comunisti. E quelli che ti dicono quanto è bella la Costituzione nuova, e che poi, se non è così bella, si può sempre cambiare. E gli altri che ti dicono "lascia stare, stiamo con quella vecchia che è più facile, e poi ricominciamo daccapo".
Io, mi sa che dò retta a mia nonna che diceva che "chi cambia la via vecchia con la nuova sa quel che lascia ma non sa quel che trova", e voto NO

 

Homepage

 

   
Num 59/60 Giu/Lug 2006 | politicadomani.it