Pubblicato su politicadomani Num 59/60 - Giu/Lug 2006

Da Montmatre a Montparnasse

 

Nel suo primo periodo parigino l'artista si dedica al ritratto. È Paul Alexander, suo amico e giovane medico collezionista d'arte, che subito intuisce le straordinarie doti del livornese e lo spinge verso questa scelta.
Nel 1909 Modigliani abbandona la pittura per dedicarsi alla scultura. Una scelta di difficile interpretazione, dovuta forse al fatto che buona parte dei pittori allora operanti a Parigi si cimentavano anche nella scultura, o, più verosimilmente subivano il fascino della scultura africana e l'influsso delle sculture di Brancusi. Proprio il fascino di quest'artista spinse Modigliani a lasciare Montmarte per un atelier di Montparnasse, dove Brancusi aveva il suo studio. Questa scelta era condivisa da molti artisti contemporanei: essi abbandonavano Montmartre, sempre più affollata da turisti, per trasferirsi a Montparnasse, allora solo un quartiere periferico, destinato però a divenire in breve tempo il nuovo quartiere artistico della città. Per le dimensioni pressoché uguali di buona parte delle sue sculture, si è anche pensato che egli abbia utilizzato blocchi di pietra presi nei vicini cantieri, mentre per le teste lignee abbia fatto ricorso alle traversine della metropolitana, allora in costruzione. Le sue sculture hanno struttura rettangolare e si sviluppano in altezza, simili a stele, quasi prive di tridimensionalità. Nella maggior parte dei casi si tratta di teste iconiche, quasi degli idoli, a cui la simmetria e la semplicità conferiscono una grande solennità. La stagione plastica di Modigliani si concluse definitivamente nel 1914: le sue condizioni di salute sempre più precarie gli impedivano di sottoporsi agli sforzi richiesti dalla realizzazione di sculture in pietra.
Nel turbine del conflitto che sconvolgeva l'Europa, ricominciò a dipingere ad olio, sviluppando una propria personalissima dimensione espressiva e aumentando così il distacco da tutti i modelli possibili. Conseguì la fama di grande artista isolato e solitario. Riprende ad eseguire ritratti, sia di amici e conoscenti - riconoscibili per la loro astrattezza solo attraverso la scritta del loro nome - sia di modelle rimaste anonime. La serie dei nudi, la sua passione giovanile, comincia a partire dal 1917. Figure allungate, sinuose, fortemente espressive nonostante l'assenza di sguardo. Troppo audaci per quei tempi, tanto che la mostra organizzata alla Galerie Berthe Weill sarà chiusa addirittura durante il vernissage.
Nello stesso periodo incontra Jeanne Hébuterne, diciannovenne studentessa all'Académie Colarossi, con cui dividerà gli ultimi anni della sua breve esistenza. Da lei l'anno seguente avrà una figlia, Jeanne come la madre. La giovane, che diventerà uno dei soggetti privilegiati della fase finale della sua opera, è ritratta in alcune opere ritenute fra i capolavori dell'artista livornese.
Morì a soli 35 anni il 24 gennaio del 1920 alla Charité di Parigi, ucciso dalla tubercolosi, consunto da una vita sregolata, dedita all'arte, alla droga, all'alcol. Il giorno successivo anche Jeanne morì suicida, portando in grembo un figlio di otto mesi. La piccola Jeanne fu portata in Italia e adottata dalla sorella di Amedeo. Diventerà un'importante biografa del padre. Moriva l'artista, nasceva la leggenda.

 

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