Pubblicato su Politica Domani Num 52 - Novembre 2005

Il regista

F. A.

Dalla poesia, passando per la narrativa, Pasolini arrivò al cinema. Scrive Enzo Siciliano che "fu spinto a una sperimentazione a tappeto, finanche simultanea, di tutte le tecniche artistiche possibili, quelle che meglio gli consentivano volta a volta di svuotare di aggressività le proprie pulsioni negative, autodistruttive. Fare del cinema poté significare per lui "desiderio di uscire dall'ossessivo", ma nulla più di un desiderio".
Al nome di Pasolini sono legate alcune delle più grandi opera cinematografiche non solo del neo-realismo ma anche della storia del cinema italiano ed europeo.
Esordì nel 1961 con Accattone, col quale trasponeva sul grande schermo i racconti del suo romanzo "Ragazzi di vita" (1955). Nel 1964 uscì "Il vangelo secondo Matteo", una delle migliori narrazioni cinematografiche della vita di Gesù Cristo. Di Gesù Pasolini - che in più occasioni dirà di non essere cattolico - tiene a esaltare profilo rivoluzionario: nel particolare momento storico in cui Cristo operava, quel suo dire alla gente "porgi al tuo nemico l'altra guancia" era una cosa di un anti-conformismo supremo. Seguirono "Uccellacci e uccellini", "Teorema", il "Decameron", "I racconti di Canterbury", tutti film osannati dalla critica ma perseguitati dalla censura. E, per finire, l'ultimo grande, contestatissimo, suo lavoro "Salò e le 120 giornate di Sodoma", allegorico atto d'accusa contro il potere e le sue manifestazioni.

 

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