Pubblicato su Politica Domani Num 52 - Novembre 2005

Rododentro
Giù le mani!
Mentre gli oligarchi si tengono stretto il potere, la nazione va in malora

di Gladius

Lo spettacolo è quanto di più desolante possa accadere in Italia, ormai da qualche anno sedicente repubblica democratica. Il parlamento, da luogo ove si decide la politica di uno Stato, è stato ridotto a mero sottoscrittore di quanto viene imposto dall'esecutivo. L'apparato produttivo italiano è prossimo alla catastrofe, la nazione allo sbando, la delinquenza più o meno organizzata - mafia e dintorni - spadroneggia impunita. Ma ciò non interessa, sembra, al nostro governo. Le priorità sono leggi ad personam e riforme elettorali di cui non si sente la benché minima necessità. Fatte non tanto per scongiurare una sconfitta dell'allegra brigata berlusconiana, quanto per indebolire qualsiasi prossimo governo. Gli oligarchi tengono il potere e la nazione va in malora. Sembra di essere ai tempi dell'antica Roma, con nuovi patrizi, sempre i soliti plebei, e un reuccio che si crede invincibile e onnipotente. Solo che, a Roma, per garantire la salvezza dello Stato, si riusciva sempre a trovare un rimedio all'inadeguatezza del sovrano. Caligola, Nerone, Domiziano docunt. Alla caduta in parlamento del nostro piccolo Cesare, per un istante, abbiamo gioito. Salvo poi ricrederci nel constatare che era solo inciampato su un gradino, causa, forse, i consueti tacchi e plantari, utili ad alzare se non la statura politica almeno quella fisica.
Siamo onesti, però. La colpa di tutto questo squallore è anche dell'inconsistenza del nostro ordinamento statuale, nato monco al termine della guerra, rimasto per decenni fossilizzato nella finta contrapposizione DC-PCI, che adesso scopriamo alla mercé di qualsiasi maggioranza parlamentare. E dell'inadeguatezza dell'opposizione che, quando era al governo, ha spalancato le porte al sol invictus arcorese, anche grazie all'operato di qualche infausto uomo di paglia.
A infierire sulla nostra povera Patria ci si è messa pure la Chiesa. Per ribadire la propria legittima opposizione contro l'altrettanto legittimo riconoscimento dei diritti delle coppie di fatto, il cardinale Trujillo, al recente Sinodo dei vescovi, ha ipotizzato che non siano ammessi al sacramento della comunione i politici che sostengono tali diritti. Guai a condizionare i diritti dei cittadini a credi religiosi o di altra natura. Meglio riportare l'accento sullo spirito cristiano come ispiratore della politica e tornare all'immagine di un governo posto al servizio dei suoi cittadini, soprattutto delle classi più deboli e bisognose, e fautore di una politica estera non pacifista bensì pacifica, nell'accezione più piena e profonda del termine. Di fronte ad un'ipotetica riduzione dell'ICI sugli immobili ecclesiastici non risulta si siano sollevate perplessità, sebbene tale proposta provenga da un governo che ha tenuto una linea politica per nulla rispettosa del sentimento cattolico, basti pensare alla guerra in Iraq, ai tagli degli aiuti per i paesi sottosviluppati o all'indebolimento del sistema assistenziale in Italia. Pecunia non olet?

 

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Num 52 Novembre 2005 | politicadomani.it