Pubblicato su Politica Domani Num 41 - Novembre 2004

Verde e territorio
A difesa del Parco dei Castelli Romani
Un patrimonio che appartiene alle prossime generazioni minacciato dalle brame dei soliti interessati

di Andrea Palladino

Il Parco dei Castelli Romani
Quando nacque, vent'anni fa, il Parco dei Castelli Romani fu pensato anche come limite preciso all'espansione della Roma Metropoli. La pressione della capitale sui Castelli Romani è, infatti, da decenni la vera minaccia ambientale e sociale per la zona. Fosse dipeso dai palazzinari romani, autori negli anni '60 e '70 di scempi in tutto il territorio laziale, probabilmente la zona dei Castelli apparirebbe oggi ben differente.
Sarebbero decine le lottizzazioni come quella di Monte Gentile, il livello dei laghi sarebbe ormai ridotto a zero e la popolazione locale avrebbe raggiunto cifre difficilmente governabili, se non snaturando il territorio.
Il Parco, con la sua estensione attuale di poco più di 12.000 ettari è probabilmente il miglior guardiano dello qualità di vita, ancora accettabile, che contraddistingue la zona dei Castelli. Non solo perché il parco alimenta il polmone verde della zona a Sud di Roma, ma anche per le prospettive di sviluppo che esso può offrire e perché con la protezione del Parco viene come conseguenza immediata la tutela del territorio stesso dei Castelli. Il Parco mette al sicuro l'ambiente dalle speculazioni politiche, oltre che edilizie, perché la sua estensione e funzionalità non dipendono dal singolo Comune, ma da una serie di soggetti differenti: almeno dieci Comuni, la Regione e la Provincia.
Oggi questo "Gigante buono" che vigila sulla nostra qualità di vita rischia di essere accecato. L'attacco principale viene dalla Giunta Storace; proprio da qui viene la proposta della riduzione dei Parchi e delle Aree Protette in tutto il Lazio. C'è poi il governo Berlusconi: tra un condono e una sanatoria, il governo propone ora una legge delega sull'ambiente che sembra voler assolvere tutti gli scempi del passato, e rendere un po' più facili gli scempi del futuro.
A dare il colpo di grazia ci sono anche alcuni Comuni: il Parco, dicono, è un vincolo troppo pesante, difficile da far digerire a certe categorie di persone come, per esempio, quei cacciatori un po' troppo pigri, che per cacciare la mattina vorrebbero alzarsi tardi e vorrebbero poter sparare proprio sotto casa. Oppure per quelli che magari vorrebbero allargare la propria casa (che è ora al confine con il bosco) e di tutte quelle storie di tutele e di polmoni verdi proprio non ne vogliono sapere.
Il Comune di Velletri è caratterizzato dalla presenza del Monte Artemisio. I boschi che la circondano permettono alla città di continuare a respirare nonostante il traffico caotico che affligge il centro cittadino e la prima periferia. Il Monte Artemisio è incluso, anche per questo motivo, nel Parco dei Castelli Romani. Il confine venne deciso nel 1998, quando il commissario ad acta del Parco Ravaldini allargò il confine provvisorio originale. Attualmente il confine del Parco arriva a ridosso delle case che, in buona parte abusivamente, hanno aggredito negli scorsi decenni la montagna.
Le case sono a ridosso del bosco; a ridosso le une con l'altro, si sfiorano, minacciose le prime, paziente e in attesa il secondo, quasi a rappresentare la difficoltà con la quale tutta Velletri vive il rapporto con il proprio patrimonio naturale. Perché nel Parco non si può cacciare; e invece a Velletri i cacciatori sono da sempre una buona fetta degli abitanti delle campagne, e dell'elettorato.
Il Parco sta lì, paziente e in attesa, ma non silenzioso. Perché la sua quiete maestosa ricorda ogni istante che quel patrimonio, il suo essere lì, è forse l'investimento più importante che possiamo lasciare alle generazioni future. Un patrimonio importante che qualcuno vorrebbe invece dissipare con strade veloci, case di riposo, e condomini belli e costosi, magari con un bel giardino attorno, roba per ricchi.
Il Consiglio Comunale di Velletri è uno di quelli che stanno cercando di spingere l'Ente Parco e la Regione Lazio a rivedere i confini del Parco. Una mozione che raccoglie un consenso trasversale - presentata dai DS, dalla Margherita e dalla Lista Saraceni - chiede che la zona del Parco dei Castelli Romani che ricade sotto il Comune di Velletri sia ridotta, per "garantire le attività venatorie, agropastorali, pastorali, agroboschive e produttive nel versante Sud del Monte Artemisio" - si legge - e che, in ogni caso, si possa cacciare anche nella parte del Parco che dovesse rimanere tutelata.

Grandi manovre dietro il Parco
Non è vero che i partiti siano dei monoliti accentratori, come spesso si sente ripetere, perché, per quanto riguarda il Parco, a Velletri le posizioni di DS e Margherita sono molto diverse da quelle del gruppo di centrosinistra della Provincia di Roma e della Regione Lazio. È proprio di questi giorni, infatti, la campagna di comunicazione che i DS di Roma stanno lanciando, una dura accusa al governatore della Regione Storace, di volere di ridurre i parchi del Lazio e di avere incluso nel sacrificio al dio dello sfruttamento del territorio una parte del Parco dei Castelli Romani.
Il capogruppo della Margherita alla Regione, Hermanin, ha le idee ben chiare sulla tutela del verde dei Castelli Romani: "Ben 11 sentenze del Tar - dice Hermanin - hanno stabilito che i confini del parco sono quelli decisi dal Commissario ad acta nel 1998. Chi sostiene il contrario dice delle sciocchezze ed esprime il desiderio di trasformare le poche aree ancora integre dei Castelli Romani. Vorrei ricordare che il lavoro di perimetrazione - continua - è stato frutto di accordi e discussioni con tutte le forze politiche, in particolare del centrosinistra. Mi sembra quindi che non ci siano le condizioni per riaprire inutili discussioni sulla questione, in particolare da chi ricopre compiti di dirigenza del Parco che farebbe bene a occuparsi dello sviluppo delle potenzialità del Parco stesso, piuttosto che di ipotesi fantasiose che riaprono inutili polemiche".

DS e Margherita di Velletri hanno trovato sulla loro strada anche il muro di opposizione decisa di Filiberto Zaratti, Assessore all'Ambiente della Provincia, di Roma, che dice, senza mezzi termini: "I confini di un Parco sono decisi utilizzando criteri scientifici e non politici. Se il Parco dei Castelli Romani oggi a Velletri ha un determinato perimetro è perché vi è stata una valutazione di biologi, urbanisti, di esperti di Parchi. Chiedere di cambiare il confine è decisamente fuori luogo".
Spiazzati, i DS di Velletri giustificano la loro richiesta con il fatto che nella zona la caccia è molto popolare; ma al loro interno il dibattito è acceso. Daniele Ognibene, giovane consigliere eletto nella lista DS al Consiglio Comunale di Velletri, sembra avere un'opinione diversa, probabilmente quella di molti: "Qualche giorno fa sono stato a fare una passeggiata nella zona dell'Artemisio. In una mattinata ho incontrato tante persone che passeggiavano, famiglie, ragazzi, scout e solo due cacciatori. Penso quindi che quella zona debba essere destinata a chi realmente la vive, e non ai cacciatori".
La mozione presentata in Consiglio Comunale a Velletri arriva in un momento delicato: in questi giorni, infatti, si sta discutendo il futuro assetto del Parco. Il nuovo Presidente del Consiglio Direttivo del Parco Regionale dei Castelli Romani, Franco Magrelli (AN), lascia aperta la questione. Da alcune sue recenti dichiarazioni trapela la disponibilità a ridiscutere con i Comuni i confini del Parco. Un'eventualità da temere? In molti dicono di no, che poco cambierebbe in caso di riduzione del confine del Parco a Velletri, perché l'Artemisio è un sito di interesse comunitario, e quindi tutelato. Ma se dai confini del Parco venisse escluso il bosco di Velletri, la città perderebbe l'opportunità di usufruire dei finanziamenti che verranno individuati nel piano socio-economico, il piano, cioè, che permetterà di trovare le risorse economiche che porteranno ricchezza e lavoro a chi abita nel territorio incluso nel Parco.

Intanto fuori Velletri, in altri Comuni ...
Ci sono attacchi al Parco anche in altri comuni dei Castelli. Attacchi veri, con ferite che stanno creando problemi seri all'ecosistema. Ad Ariccia, in prossimità dei resti della Villa di Vitellio, in una zona interna al Parco dei Castelli Romani, sottoposta a vincolo idrogeologico, paesaggistico ed archeologico, sono stati abbattuti 500 alberi di castagno. L'abbattimento è avvenuto nell'ambito di alcuni lavori in corso per conto dell'Amministrazione del Comune di Ariccia. "Ci stiamo facendo togliere preziosi beni vitali: il verde, l'aria pulita e la tranquillità. Cosa lasceremo ai nostri figli?", commenta, inutile e sconsolato, il coordinamento dei Verdi dei Castelli Romani.
A Velletri intanto, la mozione di DS e Margherita a favore della riduzione del Parco dovrà essere discussa, anche perché il Comune dovrà incontrare l'Ente Parco per discutere i piani d'assetto. La questione rimane aperta, e non è solo un fatto di metri quadrati. Il problema delle dimensioni del Parco dei Castelli Romani è solo un altro indizio di una differenza profonda tra differenti modelli di sviluppo per il nostro territorio, e differenti modelli di vita e sistemi di valori.
I fronti aperti sulla questione ambientale a Velletri sono ancora molti. Mentre si è in attesa ormai da due anni di un pronunciamento della Regione Lazio sulla variante al Piano Regolatore presentata dalla giunta Cesaroni, i punti di frizione tra tutela del territorio e progetti di intervento urbanistici sono moltissimi. La bretella Cisterna Valmontone sembra ritornare all'ordine del giorno, confrontandosi con la popolazione di Velletri che si sta organizzando in un comitato contrario al progetto. La tutela ambientale diviene, così, un importante spartiacque politico, non solo tra destra e sinistra, ma anche - trasversalmente e all'interno dei singoli schieramenti - tra diversi modelli di sviluppo, diversi modi di vedere il futuro dei Castelli Romani.

 

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