Pubblicato su Politica Domani Num 31 - Dicembre 2003

La "controriforma" del Governo sulle pensioni non piace
Riforma pensioni. La parola alla CISL
Nel duro scontro fra Governo e sindacati sulla riforma previdenziale c'è molto di più che "far quadrare i conti" per la prossima finanziaria. Sono in gioco i diritti acquisiti, la completezza dell'informazione, la trasparenza e la correttezza del bilancio dello Stato, la partecipazione e il potere di controllo dei lavoratori ai processi legislativi che li coinvolgono direttamente, la scelta di strategie lungimiranti per un graduale assestamento della spesa previdenziale, con particolare attenzione alle strategie che puntano ad eliminare le condizioni di precarietà sul lavoro.

di Giuseppe Virgilio
Segretario Generale Aggiunto FILCA CISL

 

La CISL ha ribadito più volte la sua netta contrarietà all'impianto complessivo di quella che dal sindacato viene definita "controriforma previdenziale" sia per ragioni di merito che di metodo.
Sul metodo la CISL è contraria perché il Governo ha messo il sindacato di fronte al fatto compiuto, proponendo una riforma del sistema pensionistico che stravolge di fatto l'impianto della riforma Dini realizzata con il consenso delle parti sociali, senza prospettare preventivamente i termini delle questioni e dei problemi da risolvere, impedendo così lo sviluppo di qualsiasi trattativa. Inoltre la proposta di riforma è arrivata all'improvviso, dopo che per due anni il Governo aveva negato la necessità di ulteriori interventi strutturali sull'età pensionabile.
I motivi di merito per cui la CISL è contraria alla controriforma possono essere così schematizzati:

FARE CASSA
Nei conti pensionistici, al fine di evidenziare i problemi finanziari, il Governo ha riportato alcuni capitoli di spesa che, più correttamente, altri paesi imputano all'interno della spesa assistenziale . Se si dividesse nettamente la spesa assistenziale da quella previdenziale - pur rimanendo inalterato il bilancio complessivo - la questione previdenziale assumerebbe connotati meno drammatici perché si abbasserebbe il rapporto tra spesa previdenziale e prodotto interno lordo. Risulta evidente che il tentativo di imporre una nuova riforma strutturale delle pensioni risponde a logiche del tutto estranee ai problemi del sistema previdenziale. La sensazione è che si vogliano recuperare risorse per sanare il deficit del bilancio pubblico e consentire al governo di sforare sui vincoli che il paese ha nei confronti della UE sul versante del debito pubblico . In realtà, per dirla schematicamente, il Governo intende recuperare risorse finanziarie a danno del sistema pensionistico.

ABBATTIMENTO DELLA SPESA PENSIONISTICA
Nei prossimi anni l'effetto graduale del sistema contributivo, attraverso la riduzione dell'assegno previdenziale rispetto all'ultima retribuzione percepita, produrrà un innalzamento naturale dell'età effettiva di pensionamento. Infatti, i lavoratori assunti prima del 10/1/96 (entrata in vigore del regime contributivo) con meno di 18 anni di contributi versati, subiranno il calcolo della pensione secondo il metodo misto (retributivo fino al 31/12/1995 e contributivo per i periodi restanti). L'abbassamento progressivo dei trattamenti pensionistici incentiverà spontaneamente i lavoratori a proseguire l'attività lavorativa oltre il 57° anno di età. Questa tendenza produrrà l'effetto ovvio di ridurre l'entità della spesa pensionistica nel periodo 2008/2031.
Inoltre, ci sono molti studi che, confermando l'incremento dell'aspettativa di vita della popolazione, prevedono una riduzione ulteriore del tasso di sostituzione (rapporto tra pensione e salario) con il conseguente abbattimento della spesa pensionistica delle nuove generazioni interessate al sistema contributivo. In altri termini, con l'allungamento della vita cresce anche la vita lavorativa, aumentano i contributi previdenziali e migliora la situazione economico-finanziaria degli istituti di previdenza.

TROVARE RISORSE E RIDURRE IL PRECARIATO
A fronte della diversificazione delle forme giuridiche dei rapporti di lavoro occorre prevedere un aumento dei contributi previdenziali per il lavoro atipico ed autonomo; si tratterebbe di una manovra utile per fare cassa e attenuare il deficit di bilancio dell'INPS perché ridurrebbe anche l'incidenza percentuale della spesa previdenziale sul PIL. Questi interventi fornirebbero una risposta efficace ai bisogni previdenziali di tutta l'area del lavoro autonomo ed atipico.
Studi e proiezioni recentiiii confermano che la situazione è drammatica da questo punto di vista ed è sempre più urgente un intervento immediato. Un aumento progressivo dell'aliquota previdenziale per tutti i lavoratori indipendenti contribuirebbe, nella prospettiva di un graduale aumento delle aliquote contributive, a mettere ordine nel mercato del lavoro e a ridurre l'area del precariato, evitando - come avviene attualmente - che parte del lavoro atipico ed autonomo venga utilizzato in alternativa al lavoro dipendente solo per risparmiare i contributi previdenziali altrimenti dovuti.

INNALZAMENTO CONTRIBUTIVO A 40 ANNI. ECCEZIONI E DISINCENTIVI
La CISL è contraria all'innalzamento contributivo a 40 anni, a partire dal 2008, per la pensione di anzianità. La principale obiezione riguarda l'abolizione del requisito congiunto età anagrafica/contributi versati. La sostituzione di un criterio rigido di accesso al pensionamento (65 anni per gli uomini e 60 per le donne o, in alternativa, un'anzianità contributiva di almeno 40 anni) rispetto all'attuale criterio flessibile stravolge, di fatto, l'impianto della riforma Dini. Il sindacato, ispirandosi a considerazioni di equità sociale e ad un nuovo patto tra diverse generazioni, vede più sensata la liberalizzazione dell'età pensionabile e la prosecuzione volontaria ed incentivata dell'attività lavorativa.
Le eccezioni previste dal Governo a questa regola rendono ancora più duro il carattere di questa "controriforma". Ad esempio per i lavori particolarmente usuranti, almeno sino ad oggi, non è stato prodotto alcunché giacché la definizione di attività usuranti è sempre più complessa e di difficile attuazione in un mercato del lavoro composito e caratterizzato da profili professionali sempre meno omogenei. Quanto poi alla necessità di agevolare il ruolo delle lavoratrici madri nella società poteva essere più efficace il rafforzamento delle misure e dei benefici già presenti nella normativa attuale.
Il previsto accesso al pensionamento di anzianità con il requisito congiunto (57 anni e 35 di contributi) anche dopo il 10 gennaio 2008, a patto che il lavoratore scelga di andare in pensione con le regole del sistema contributivo, non trova d'accordo la CISL perché risulta essere di fatto una forma di disincentivo al pensionamento di anzianità, che il Governo aveva più volte negato di voler introdurre. Una tale scelta provocherebbe un taglio consistente della pensione - fino a circa la metà dell'ultima retribuzione - vanificando la convenienza ad accedere al pensionamento medesimo.

PREVIDENZA COMPLEMENTARE
Per quanto concerne la previdenza complementare occorre implementare meccanismi capaci di diffonderla in maniera efficace. Essa infatti sarà sempre più la seconda gamba del trattamento pensionistico complessivo per ogni lavoratore e sempre meno un accessorio non significativo lasciato alla libera volontà del lavoratore.

iSi tratta di tutti quei contributi atti a mantenere un livello minimo di sussistenza, come gli assegni di accompagnamento, l'aumento delle pensioni minime e le pensioni sociali minime. [n.d.r.]
iiIl patto di stabilità impone ai paesi UE il limite del 3% nel rapporto fra debito pubblico e PIL. Il rispetto di tale limite presuppone un piano organico ed omogeneo di riforme strutturali nei settori di spesa, nelle politiche fiscali e nelle politiche dei redditi. [n.d.r.]
iiiStudi approfonditi sono stati effettuati da Banca d'Italia, Ministero del Lavoro e INPS.

 

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