Pubblicato su Politica Domani Num 31 - Dicembre 2003

La sfida degli accordi di Ginevra
Medioriente: la pace che nasce dal basso
Il conflitto israelo-palestinese assomiglia sempre più ad una guerra personale fra Sharon e Arafat. A Ginevra però uomini di buona volontà si sono incontrati ed hanno stilato accordi di pace. Non hanno valore legale, tuttavia fanno paura ai sostenitori del conflitto ad oltranza

di Roberto Palladino

Sharon, li ha definiti “più pericolosi per Israele degli accordi di Oslo”, gli esponenti dell’estremismo palestinese li considerano un tradimento nei confronti del proprio popolo. Per gli accordi di Ginevra queste sono affermazioni che rappresentano già un successo: non piacciono ai principali responsabili dello stallo del processo di pace in Medioriente.
Ma cosa sono e chi c’è dietro gli accordi di Ginevra? I due principali artefici, di questo piano di pace per il Medioriente si chiamano Yossi Beilin, ex ministro della giustizia israeliano, e Yasser Abed Rabbo ex ministro dell’informazione dell’autorità palestinese. Dietro di loro un gruppo di intellettuali, politici, ma anche ex militari, sia israeliani che palestinesi, che hanno lavorato per oltre trenta mesi per dare alla luce venti pagine che potrebbero rappresentare una soluzione di pace per il Medioriente. Il piano di Ginevra, presentato simbolicamente nella città svizzera proprio in questi giorni, è quindi il frutto inedito di un sodalizio tra società civile ed i rappresentanti politici più moderati dei due schieramenti. Il gruppo ha deciso di prendere in mano il processo di pace, dopo il fallimento degli accordi di Oslo, quelli della storica stretta di mano tra Rabin ed Arafat, e lo stallo della Road Map.
Cosa prevede questo nuovo piano di pace? I cardini dell’accordo sono: il riconoscimento reciproco di uno stato israeliano e di uno palestinese con confini posti sulla linea di demarcazione decisa nel 1967 dalle Nazioni Unite, la divisione di Gerusalemme tra i due stati, la risoluzione definitiva del problema dei profughi palestinesi.

Ecco, più nel dettaglio, i punti principali dell’accordo:
Territori: L’accordo prevede il ritiro di Israele dagli insediamenti della Cisgiordania (West Bank) e dalla Striscia di Gaza, che verranno riconsegnati allo stato palestinese, e la creazione tra le due zone di un corridoio sotto sovranità israeliana ma amministrato dai palestinesi, per garantire le comunicazioni.

Sicurezza:
La caratteristica principale dell’Art 5, che disciplina la sicurezza tra i due stati, è la non militarizzazione della Palestina. Lo stato palestinese avrà diritto ad avere una “forte forza di polizia” ma non un esercito. Solo le forze di sicurezza potranno possedere armi.

Forza Multinazionale:
L’accordo prevede l’istituzione di una forza multinazionale con funzione di garanzia per entrambe le parti. Questa avrà il compito di monitorare e vigilare sul ritiro di Israele dai territori occupati, ma anche di addestrare la nuova polizia palestinese. La forza multinazionale vigilerà anche sui confini e potrà avere libero accesso in tutte le zone di Gerusalemme.

Gerusalemme:
la città sacra per l’Islam, il Cristianesimo e l’Ebraismo viene riconosciuta come capitale di entrambi gli stati, divisa, a seconda delle zone, in giurisdizione israeliana o palestinese. Le due municipalità potranno dar vita ad un Comitato di coordinamento e di sviluppo della città.

Rifugiati:
I rifugiati palestinesi registrati all’Agenzia delle Nazioni Unite per il Soccorso ed il Benessere (Unrwa) sono circa 4 milioni. Di questi circa il 32% vive in campi profughi dell’Unrwa nella Striscia di Gaza, in Cisgiordania, nel Libano, in Siria e in Giordania. Il restante 68% vive sparso in altri paesi (fonte: Unrwa). I rifugiati palestinesi sono persone spesso fuggite dalle loro case a causa del conflitto con Israele. Ai rifugiati vengono poste cinque alternative:
tornare in Palestina senza limiti di numero;
tornare nelle zone restituite da Israele alla Palestina;
trasferirsi in altri stati che abbiano dato disponibilità ad accoglierli;
trasferirsi in Israele, che potrà fissare un numero massimo di ingressi;
restare negli stati che li ospitano, secondo un tetto massimo stabilito da ogni singolo stato.
I rifugiati, una volta scelto il “luogo di residenza permanente” non potranno più rivendicare diritti sui terreni un tempo di loro proprietà. Ai rifugiati sarà comunque erogata un’indennità.

Comitati:
l’accordo prevede la creazione di moltissimi comitati internazionali con funzioni di controllo ed amministrazione delle fasi più delicate nell’attuazione del patto. Tra questi il più importante è il Gruppo per l’applicazione e la verifica (Gav) del quale fanno parte l’Onu, l’Unione Europa, gli Stati Uniti e la Russia. Il gruppo avrà il ruolo di agevolare ed assistere le parti nell’attuazione del patto nonché di risolvere le eventuali dispute.

Questi in sintesi i punti principali dell’accordo. Adesso non resta che aspettare e comprendere se il successo che gli accordi di Ginevra stanno riscuotendo in tutto il mondo (hanno dato il loro benestare sia il Segretario di Stato americano Colin Powell che il Presidente dell’Onu Kofi Annan) riuscirà a far mettere Israeliani e Palestinesi davanti ad un tavolo con gli accordi di Ginevra come importante, ed ormai inevitabile, base di partenza.

Per saperne di più
www.arci.it qui è possibile scaricare la traduzione in italiano degli accordi di Ginevra.
www.haaretz.com il sito del più famoso quotidiano israeliano, con un ampio dossier sugli accordi di Ginevra.

 

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Num 31 Dicembre 2003 | politicadomani.it