Pubblicato su Politica Domani Num 31 - Dicembre 2003

Arricchirsi rubando i segreti delle antiche conoscenze
L'arma del brevetto e i moderni pirati
Anche se gli accordi internazionali proibiscono la brevettabilità delle forme viventi, molte imprese sfruttano le specie vegetali e i tradizionali usi delle popolazioni native. Il caso dell'Amazzonia

di Andrea Palladino

"Sana, sana, culito de rana", è il leitmotiv di alcune ninne nanne ecuadoriane. "Cura, cura, il culetto della rana", una frase divertente che trasporta saperi antichi. Gli indios dell'Equador conoscono come la rana 'tricolor' possa curare quello che molti medici occidentali non riescono. Per conoscere il "segreto" non serve una laurea in medicina, ma solo ricordarsi delle ninne nanne, di quello che insegnava la propria madre, la propria nonna, di generazione in generazione.
Ma per i laboratori della Abbot (casa farmaceutica USA), il "culetto di rana" ha una sigla, ABT-594. Qualche anno fa, studiando 750 rane trafugate dalle foreste ecuadoriane, hanno infatti scoperto che una rana diffusa in quella regione contiene un potente analgesico. E l'hanno brevettato.
Ora i ricercatori della Abbot vengono chiamati pirati da queste parti, le ONG del posto li accusano di aver rubato l'anima di una delle conoscenze tradizionali del posto.
Cambiamo paese, scendendo un po' più a sud. Gli agenti dell'aereoporto di Manaus, città posta nel cuore dell'amazzonia brasiliana, controllano con scrupolo chi lascia la 'Parigi dei Tropici'. La Polizia Federale apre i bagagli, alla ricerca dei moderni corsari, i pirati 'biologici'. Ancora ricordano da queste parti il 1876, quando l'inglese Henry Wickham portò via dal porto di Manaus alcune piantine di caucciù, determinando la fine del monopolio brasiliano nel mercato delle materie prime per la nascente industria della gomma. Nel XXI secolo, il signor Nagasawa Makoto, cittadino giapponese, a New York si è messo in fila con un solo foglio in mano, per presentare all'ufficio brevetti - United States Patent and Trademark Office - la sua geniale idea. Questa idea ha un nome strano, chissà, il funzionario di turno all'ufficio brevetti potrebbe aver pensato che si trattava di una varietà di sushi, il piatto nazionale nipponico. Cupuaçu. Si pronuncia con la u finale accentata, seguendo le regole grammaticali portoghesi utilizzate nella pronuncia dei nomi indigeni. Il signor Nagasawa Makoto da oggi è il legittimo proprietario del nome di uno dei frutti più prelibati del bacino amazzonico. È un po' come se un norvegese avesse brevettato il nome 'melograno', o 'pera', o 'susina'.
Il cupuaçu è della stessa famiglia del cacao ed è uno dei cibi tradizionali delle popolazioni indigene. Ma, oggi, è anche una delle possibili risorse economiche per gli abitanti della amazzonia, ambientalmente sostenibile, visto che la raccolta tradizionale non è invasiva, ed avviene secondo tradizioni centenarie. Le piante, alte circa 20 metri, sono sparse nella foresta pluviale e quasi mai vengono coltivate. I frutti vengono 'estratti' dalla foresta, nel pieno rispetto per l'ecosistema. Proprio questo tipo di attività economica era promossa da Chico Mendes, nello stato dell'Acre. Il sindacalista e ambietalista brasiliano aveva infatti capito che chi conosceva e rispettava la foresta poteva anche vivere dei suoi frutti, promuovere una attività estrattivista compatibile con il delicato equilibrio del bacino amazzonico. Uno dei frutti che rendono possibile questo modello è proprio il cupuaçu. Dal seme di questo frutto è possibile estrarre un cioccolato dal gusto particolarmente delicato, che viene oggi commercializzato da piccole aziende, alcune delle quali stanno cercando di esportare verso l'Europa e il Giappone i propri prodotti.
Ora non sarà possibile, per le piccole imprese amazzoniche, esportare i prodotti basati sul Cupuaçu, se non pagando cifre altissime in royalties. Abbiamo notizia, infatti, che la Asahi Foods (impresa che detiene il brevetto sul nome) ha già denunciato in Germania un'altra impresa che commercializzava i derivati del frutto .
Ma è possibile brevettare un frutto che già esiste in natura? Secondo gli accordi internazionali no, ma esistono diversi escamotage che vengono utilizzati. Nel caso in questione sono stati brevettati, oltre al nome (fatto di per se assolutamente illegale, visto che non è un 'frutto dell'ingegno' e non possiede originalità), anche i processi di industrializzazione. Ad esempio, la catena di negozi di cosmetica 'The body shop international' ha brevettato nel 1998 una composizione cosmetica che include un'estratto di cuapuaçu. E se una cooperativa indigena amazzonica volesse commercializzare prodotti cosmetici basati su questo frutto? A chi appartiene, in realtà, l'uso tradizionale di questa pianta?
Tale questione si rivela in tutta la sua chiarezza analizzando un altro caso di pirateria biologica, che riguarda, questa volta, direttamente le case farmaceutiche. Una specie di rana verde (nome scientifico phyllomedusa bicolor) è diffusa in tutta l'amazzonia. Ha proprietà conosciute da centinaia di anni dalle popolazioni indigene, che, secondo alcuni studi recenti, si basano su un potente principio attivo, la dermorfina e la deltorfina. Ebbene, tali sostanze che sembrano estremamente efficaci in molte malattie gravi quali l'ischemia e alcune patologie epatiche, sono state brevettate in tutto il mondo. Brevetti che appartengono spesso a quelle stesse case farmaceutiche che si oppongono alla diffusione dei farmaci generici, che contrastano con forza lo stesso Brasile, quando rivendica, insieme a stati come il Sudafrica, il diritto alla salute come primario, rispetto ai diritti economici dell'industria farmaceutica. Quando il Brasile, che tradizionamente detiene la conoscenza dei principi della 'rana verde', acquisterà i farmaci basati sui principi attivi scoperti nel suo territorio dovrà pagare i diritti. Chissà, magari qualche indio che ha sempre usato la 'rana verde' per curarsi morirà di ischemia per non aver potuto comprare la medicina realizzata utilizzando il sapere dei suoi antenati.

ihttp://www.amazonlink.org/biopirataria/cupuacu.htm

Per saperne di più
- www.coica.org (Coordinamento delle Organizzazioni Indigene della Conca Amazzonica)
- www.gfbv.it (Associazione per i Popoli Minacciati)
- www.chiodofisso.org (Agenzia di Informazione alternativa)
- www.oneworld.net (Giornale on line)
- www.amazonlink.org (in inglese - ONG brasiliana per la tutela dell'Amazzonia e il miglioramento delle condizioni di vita dei suoi abitanti)
- www.laneta.apc.org (in spagnolo - servizio di informazione on line per le ONG)

 

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