Pubblicato su politicadomani Num 103/104 - Giugno/Luglio 2010


Lettera aperta ai giovani di Milano
La speranza dell’esserci
Sono generalmente accusati di assenza di stimoli. Eppure molti ragazzi sono invece attenti ai temi sociali

di Umberto Ambrosoli

Recentemente sono tornato nel mio liceo per incontrare alcuni studenti nell’ambito di un ciclo di lezioni sul tema della legalità. I professori, alcuni i miei stessi, mi hanno riferito l’assenza, rispetto alla seconda metà degli anni Ottanta, di occasioni di confronto tra gli studenti in ordine ai temi "politici"; da anni la palestra non è quasi più sede di animate assemblee sui temi più disparati, luogo di discussione, confronto, riflessione e passione.
Il fuoco del problema è identificato dai docenti nell’assenza di stimoli: responsabilità attribuita alle famiglie, a loro stessi (che, osservo, organizzano cicli di lezioni che vent’anni fa non esistevano), alla “società di oggi", alla televisione, e così via. Eppure, parlando direttamente con gli studenti, ho constatato che, generalmente, il loro entusiasmo per la cosa pubblica, per "l'altro", c’è: talvolta solo astratto, forse poco stimolato, ma è pronto, alla ricerca di un oggetto e un esercizio concreto, se non già vissuto, magari in termini individuali, magari in un volontariato non ostentato.
Così li ho visti appassionarsi nell'apprendere le storie di uomini che hanno messo "l'altro", la cosa pubblica, prima di sé, persone che hanno dimostrato con la loro vita che si può essere artefici della società nella quale si vive, che si può amare il Paese in termini genuini e gratuiti e non agire solo per l'affermazione del proprio interesse.
Da qualche mese a questa parte mi capita di verificare (da Torino a Venezia, da Gemona ad Acireale, nelle scuole superiori, nelle università, nelle scuole di specializzazione professionale) che sono molti i ragazzi attenti ai temi sociali, desiderosi di contribuire; altri sono più pigri, concentrati su se stessi o incapaci di vedersi parte attiva, propulsiva della società; anche questi ultimi, tuttavia, sono pronti ad accogliere stimoli diversi.
Trovo più energia ed interesse dinamico in quelle aule che nei confronti con le generazioni precedenti poiché tra i giovani – soprattutto qui a Milano - c’è meno disillusione, meno recriminazione, più desiderio di incidere sulla realtà sociale, di prendere parte. Desideri in relazione ai quali essi si interrogano, e ci interrogano, per comprendere come realizzarli con efficacia.
Una risposta: esercitando curiosità, senso critico e dialettica in ordine alla realtà sociale nella quale viviamo.
Qui a Milano, ora, è possibile informarsi sulle diverse condizioni delle persone che vivono la città, sulle prospettive verso le quali Milano sembra orientata. Nell’acquisire le informazioni dobbiamo saper cogliere le nuove opportunità, come quella di Internet che consente l’accesso ad ogni genere di archivio: abbiamo la possibilità di attingere direttamente alle fonti, non alle interpretazioni o sintesi delle stesse, ma proprio alle parole esattamente scritte o pronunciate, con i documenti ed i dati nella elaborazione originale.
Sempre, dobbiamo saper usare il senso critico: davanti a un documento, a un articolo di giornale, a una notizia (nel marasma di notizie possibili) o a una lapide (nella contraddittorietà di messaggi che esse possono esprimere). Dobbiamo diffidare dell’informazione che ci sembra più tranquillizzante e comoda, semplice e condivisa, sperimentare il dubbio.
E, poi, non basta la disponibilità dei dati e delle informazioni: dobbiamo avere l’ambizione di applicarle verso nuovi approfondimenti; è necessario, cioè, essere artefici di una ricerca che sappia andare oltre le analisi della situazione di fatto quale che sia l’argomento: vediamo, ad esempio, cosa è stato di Milano durante e dopo (oltre) le crisi economiche che hanno preceduto questa. Si è abbattuta - come ci sembra fare oggi la società, in un piagnisteo pessimistico - o ha saputo investire sulla dimensione positiva di un crisi, quale è l’attitudine selettiva delle realtà più solide, innovative e concrete?
Conoscere il presente ed il passato della comunità cittadina è, tuttavia, impossibile se rinunciamo all’ascolto e al confronto delle opinioni.
Un’altra risposta: prendere parte è – anche - rinunciare all’impulso di delegare responsabilità e colpe e interrogarsi sempre su quale contributo possiamo dare alla soluzione di uno specifico problema: nella nostra classe, scuola, corso di laurea, nel nostro ambiente lavorativo, nell’asilo dei nostri figli, eccetera…Così come prendere parte significa – pure - ragionare in termini di ricerca di armonia tra le esigenze proprie ed altrui.
Piccoli esercizi ed attenzioni; prendere parte è avere le antenne alzate: qui a Milano, ora. Prendere parte è guardare al futuro con consapevole fiducia, poiché “la Speranza sta nell’esserci. Nell’assumere le nostre responsabilità. Nella serena tenacia di unire le nostre strade per fare di più e meglio.
Speranza che non è attesa passiva di un futuro migliore, ma presente che chiede di essere orientato e accompagnato con scelte coraggiose, gesti concreti, parole credibili (Luigi Ciotti)”.

 

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