Pubblicato su politicadomani Num 103/104 - Giugno/Luglio 2010

Giovani autori
La novella Ipazia
“Le terre di nessuno”, opera prima di Tiziana Brondi

di Giuseppe Della Monica

Attraente è attraente. L’autrice o il romanzo? Entrambi. Partiamo dall’autrice: Tiziana Brondi (“Tiz” per gli amici, “Tizia” per un amico un po’ più deficiente degli altri) ha una gran massa di capelli corvini, due occhioni dolci dello stesso colore, un viso tagliato con il cesello, un fisico (a quel che se ne intuisce al di là dell’abbigliamento castigatissimo) mozzafiato, e, soprattutto una voce caldissima, da non far dormire la notte qualsiasi maschietto degno di questo nome.
Malgrado questi presupposti, non si è mai drogata come gli altri, non ha tentato di fare la velina, ma si è messa in testa di fare la professoressa di matematica. E ci è pure riuscita. Ora non dubitiamo minimamente della preparazione scientifica e culturale di Tizia, ma siamo altrettanto certi dello scarso rendimento didattico dei suoi alunni, distratti da tanto ben di Dio.
E, come se non bastasse, ora ha scritto anche un bel libro, “Le Terre di nessuno” (Boopen Led editore, pp. 258, euro 14). Venendo così a somigliare in maniera impressionante ad Ipazia, astronoma, matematica, musica e filosofa che Visse ad Alessandria d’Egitto nel V secolo d.C., e che venne lapidata e quindi fatta a pezzi, nel fiore della gioventù, da fanatici cattolici ispirati dal vescovo Cirillo (che poi divenne anche santo), e che, Ipazia, sta diventando, di questi tempi, una specie di martire ante litteram della liberazione femminile (ovviamente auguriamo a Tizia una lunga vita ed una fine inevitabilmente dolcissima).
Basta, siamo seri, ci “abbiamo provato” già troppo. Veniamo al libro, che è interessante davvero.
“Le terre di nessuno” sono ambientate in un medioevo alquanto immaginario, ma realissimo, in un paese immaginario (Mizar) che confina con luoghi dai nomi poeticissimi ed evocanti (le terre delle foglie d’oriente, le terre dei campi sterminati, le terre d’amaranto, le terre del fuoco, le terre riemerse, dai cui abitanti verrà la luseis, lo scioglimento finale). Una civiltà medioevale ricostruita attraverso un sapiente anticare del linguaggio, dove la matematica Tiziana Brondi costruisce rapporti lessicali e dimensioni temporali assolutamente indeterminati: basti pensare che il tempo è misurato in “giri”, “corsi”, “ecladi”; le erbe dai nomi convincentissimi che però credo sarebbero invano cercati nei dizionari (zimo, organia agano, avonio, diuto – infatti il correttore del programma informatico le segna in rosso, mentre scrivo), pur descritte minuziosamente negli effetti sull’organismo, sono altamente cariche di simbolismo; le stesse unità di misura sono indistinte: altezza d’uomo, tazza, misura.
Quanto all’aspetto tematico, è tremendamente serio: si parla di religione e fede, amicizia e passione, lealtà ed abiezione, destino e volontà. Di guerra ed amore, naturalmente.
Il tutto viene a creare, tramite anche uno stile rapido ed incisivo, spesso paratattico ed ellittico, quell’ “effetto latte” di cui parla Eco, e che abbiamo già avuto modo di menzionare qualche articolo fa a proposito di Vanina Iodice, solo che qui è amplificato anche da tematiche ed ambientazione. Per oltre sette ore di lettura effettiva, su cui aleggiano con moderazione, del resto inevitabilmente, le ombre di Kafka e Tolkien.
Ecco, se forse vogliamo addebitare qualche limite al libro, è che non c’è un solo momento di comicità pura, così, per spezzare il ritmo e far respirare il lettore, che viene invece, un po’ sadicamente, immerso in un lungo incubo oscuro, da cui esce, assieme ai protagonisti superstiti, solo nelle ultime cinquanta pagine, in cui si accumulano scene madri su scene madri, almeno quelle più riuscite ed attese (e questo può essere un secondo “capo d’accusa”: il libro, dal punto di vista emotivo, decolla davvero solo nelle ultime pagine).
Per il resto, l’opera è condotta con indubbia maestria, mediante l’alternarsi di punti di vista e con una voce narrante al maschile del tutto credibile, così come credibili sono le scene di lotta e combattimento.
Un ottimo esordio, per Tiziana, che finora aveva all’attivo solo qualche brano in antologie collettive; e del resto, se la neonata ma agguerrita Boopen Led di Aldo Putignano ha deciso di investire su un libro di duecentocinquantotto pagine, un motivo ci deve essere.
Certo però, che pure questi genitori, consentire ad una ragazza così di insegnare matematica!…

 

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