Economia dal basso
Il trattato TTIP, oltre l’ufficialità
L’accordo transatlantico per il libero commercio e gli investimenti visto dalla parte della gente
Barriere da abbattere
Il Ttip punta ad abbattere non tanto le tasse doganali tra Usa e Ue – già mediamente appiattite intorno al 4% - ma le cosiddette Barriere Non Tariffarie, cioè divieti di importazione e tasse specifiche che, anche grazie alle grandi battaglie contro la carne agli ormoni, il pollo lavato col cloro, gli ftalati nei giocattoli, i residui di pesticidi nel cibo, gli Ogm e così via, tiene lontani dal nostro mercato prodotti non sicuri, tossici. Queste valutazioni, infine, non tengono conto di quanto ci costerebbero, in termini di diritti e di qualità sociale e ambientale, la liberalizzazione prevista dei servizi essenziali – principalmente acqua, energia e trasporti –, di quelli finanziari, la stretta sul finanziamento delle imprese a partecipazione statale e sulla proprietà intellettuale.
Generatori di problemi
La Commissione ha recentemente definito i regolamenti “generatori di problemi”. Ma regolamenti e standard di qualità europei sono spesso il risultato di anni di buone battaglie. Il Ttip contiene un “Capitolo orizzontale per la coerenza dei regolamenti” che prevede l’istituzione del Regulatory Cooperation Council: un organo dove esperti della Commissione e del ministero Usa competente valuterebbero l’impatto commerciale di ogni marchio, regola, etichetta che si volesse introdurre a livello nazionale, federale o europeo. A sua discrezione sarebbero ascoltati imprese, sindacati e società civile. A sua discrezione sarebbe valutato il rapporto costi - benefici di ogni misura e il livello di conciliazione e uniformità tra Usa e Ue da raggiungere, e quindi la loro effettiva introduzione.
Un po’ di memoria
Ricordiamo che nel 1988 l’Ue ha vietato l’importazione di carni bovine trattate con certi ormoni della crescita cancerogeni. Per questo era stata obbligata a pagare a Usa e Canada dal Tribunale delle dispute dell’Organizzazione mondiale del commercio (Wto) oltre 250 milioni di dollari l’anno di sanzioni commerciali nonostante le evidenze scientifiche e le tante vittime. Solo nel 2013 la ritorsione è finita, quando l’Europa si è impegnata ad acquistare dai due concorrenti carne di alta qualità fino a 48.200 tonnellate l’anno, alla faccia del libero commercio. Sarà una coincidenza, ma in un documento congiunto dell’ottobre 2012 Business Europe e US Chamber of Commerce, le due più potenti lobby d’impresa delle due sponde dell’oceano, avevano chiesto ai propri governi proprio di avviare una “cooperazione sui meccanismi di regolazione”, che consentisse alle imprese di contribuire alla loro stessa stesura.
Aggirare le leggi
Il Ttip non avrebbe alcun senso senza l’introduzione di un Meccanismo di risoluzione dei contenziosi tra investitori e Stati, (Investor-State Dispute Settlement, Isds). Esso permetterebbe alle imprese di far condannare quei paesi che approvassero leggi dannose per i propri investimenti presenti e futuri.
Oggi sono costrette a presentarsi ai tribunali nazionali, e sottostare alle regole di ciascun paese, e in Europa, in alcuni casi, alla Corte europea di giustizia. Come evitare le connesse seccature? Creare un organismo che, come il Dispute Settlement Body della Wto per il commercio, giudichi tenendo in conto le sole leggi e contratti relativi agli investimenti. Prendiamo il caso del Quebec, che nel maggio 2013 ha vietato l’estrazione di gas e petrolio dal fracking, cioè dalla polverizzazione per esplosione del sottosuolo, pericolosa per l’uomo e l’ambiente. La compagnia statunitense Lone Pine, che aveva firmato col governo canadese una concessione per l’estrazione, ha chiesto un risarcimento da 250 milioni di dollari. Se negli accordi tra Usa e Canada fosse stato introdotto un Isds, gli avrebbe dato sicuramente ragione perché gli interessi generali non avrebbero avuto alcun peso.
[estratto dall’articolo di Monica Di Sisto,
“In arrivo il Ttip, la Nato del commercio”,
Il Manifesto del 27/01/14]
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