Quando la musica conta davvero
Claudio Abbado
Ritratto di un grande musicista e un grande uomo
di Maria Mezzina | Jan 2014
Claudio Abbado. Il nome rievoca in me più che fiumi di note, uno scrosciare di applausi e un’immagine: lui sorridente in maniche di camicia, che parla a una folla di bambini entusiasti che battono il ritmo in teatro.

Il “Sistema” di Abbado
Come Abreu, anche Abbado ha voluto introdurre in Italia un modello di musica ed educazione alla musica che si intreccia con l’impegno sociale sulla scia del famoso “Sistema” dell’amico venezuelano. È soprattutto con la giovane Orchestra Mozart (giovane perché nata solo nel 2004 e giovane per l’età dei suoi componenti) che Abbado ha diretto e ispirato, che il Maestro italiano ha voluto sperimentare quel grande concetto che aveva della musica: uno strumento di elevazione umana e culturale di straordinario impatto sociale.

«Sono sempre stato profondamente convinto che la musica contenga in sé una forza in grado di travalicare i suoi stessi confini. Non c’è solo un valore estetico nel fare musica: dalla sua bellezza intrinseca, in grado di comunicare universalmente, scaturisce un intenso valore etico. La musica è necessaria al vivere civile dell’uomo, perché si basa sull’ascolto, che è un elemento imprescindibile, anche se quasi sempre trascurato. La musica è necessaria alla vita, può cambiarla, migliorarla e in alcuni casi può addirittura salvarla. Per questo motivo da sempre insisto sull’importanza dell’educazione musicale, che in ultima analisi diventa educazione dell’Uomo. Prima è però fondamentale che la musica sia accessibile a tutti, democraticamente. L’amico José Antonio Abreu ha fatto un lavoro mirabile in Venezuela, dove la musica è diventata un bene comune, senza distinzione alcuna fra i ceti sociali. Con il suo “Sistema orchestrale giovanile e infantile” ha coinvolto nell’arco di 35 anni di duro lavoro oltre due milioni di giovani. Oggi sono più di quattrocentomila e molti di loro, attraverso la musica, hanno trovato una via diversa, alternativa alla violenza e alla droga»[Claudio Abbado sul valore sociale della musica, www.orchestramozart.com].
E allora, ecco che le porte della sala concerto si aprono gratuitamente per le prove generali e i concerti speciali alle scuole, al Conservatorio di Musica, alle oltre cinquanta associazioni culturali convenzionate, frutto dell’intenso rapporto con il Terzo Settore. Le attività dell’orchestra si intrecciano in progetti comuni con quelle della Caritas di Bologna, della Casa Circondariale e dell’Istituto Penale Minorile.
«Uno degli obiettivi dell’Orchestra Mozart è quello di portare la musica a quante più persone possibile, organizzando a fianco dell’attività concertistica diverse iniziative, come ad esempio quelle dedicate alle carceri. Con il Progetto Tamino la Mozart è arrivata nelle corsie degli ospedali, realizzando attività di musicoterapia e concerti da camera per i piccoli pazienti. Un “semplice” strumento musicale può così diventare uno strumento di crescita culturale e quindi sociale», spiega Abbado.

Sono chiamati a far parte dell’Orchestra Mozart giovani talenti provenienti da tutto il mondo. Molti vengono proprio da quelle realtà difficili che José Antonio Abreu aveva affrontato con il suo “El Sistema”. Sono giovani musicisti del calibro di Gustavo Dudamel, di Diego Matheuz, che sono nati proprio lì in quei territori di violenza e di droga, e che ora sono diventati affermati direttori d’orchestra, a rappresentare il successo di quel modello culturale in tutto il mondo.

Il sogno dei 90 mila alberi
per Milano
Abbado auspicava una stretta collaborazione tra le varie arti, riteneva deprecabili i tagli alla cultura in nome della crisi («si deve colpire il vero spreco ed eliminare le speculazioni»), e aveva un sogno nel cassetto: «Vorrei che si affermassero sempre più le convinzioni che ispirano il nostro modo di lavorare: studiosi, politici, artisti, organizzatori, responsabili e semplici cittadini possono, insieme, determinare una reale collaborazione tra arte, scienza ed etica». A lungo, nel 2008, cercò inutilmente di “scambiare” un suo ritorno a La Scala con un “cachet in natura”: 90 mila alberi per Milano.
Nel progetto coinvolse l’architetto Renzo Piano, che lo abbracciò con convinzione. Il comune di Milano trovò il progetto troppo oneroso e chiese agli architetti di trovare gli sponsor.
Ecco quanto scrive Piano in un suo bellissimo articolo:
«Quando Claudio Abbado, con la sua ormai famosa richiesta di remunerare “in natura” il suo ritorno alla Scala, mi chiese di aiutarlo a piantare alberi a Milano risposi con entusiasmo. Non solo perché c’è un nesso tra gli alberi e la musica (ambedue nel segno della leggerezza, del momentaneo e del passeggero) ma anche perché sono metafora di una visione diversa del futuro nostro e delle nostre città bellissime. Certi progetti hanno bisogno di un grande disegno e non sempre le amministrazioni ne sono capaci. Ho pensato che con gli alberi a Milano si potesse ricreare quell’equilibrio che è il segreto di una città felice. Anche perché si sta preparando all’Expo 2015, proprio sul tema della natura e della sostenibilità. Purtroppo devo prendere atto che la città di Milano non intende proseguire su questa strada. Peccato» [Renzo Piano, “Io, Abbado e la città: un sogno che finisce”, Corriere della Sera Milano, 22 aprile 2010].

L’impegno per la musica
Dopo gli studi al Conservatorio di Milano, Claudio Abbado inizia nel 1958 la sua attività di direttore d’orchestra in Italia e all’estero: direttore stabile della Scala (1968-86), della Staatsoper di Vienna (1986-1991), della Berliner Filarmoniker Orchestra sino al 2002. Si spende con generosità per la Chamber Orchestra of Europe (istituita da lui nel 1978); la Mahler Jugendorchestra, fondata nel 1986 per valorizzare i giovani musicisti; l’Orchestra del Festival di Lucerna e l’Orchestra Mozart di Bologna.
“Un ragazzo col ciuffo, scuro e spettinato. Un capellone, si sarebbe detto in quegli anni, quando la zazzera incolta era il segno distintivo del modo di vivere e di pensare di chi voleva cambiare il mondo. E proprio mentre il mondo era tutto beat, in quel ‘68 fatidico, un trentenne milanese che amava i Beatles e Mahler, veniva incoronato direttore musicale dell’Orchestra della Scala. Aveva solo 35 anni Claudio Abbado.”, lo descrive così Giuseppina Manin in una intervista per il Corriere della Sera (30 dicembre 2007).
Del teatro dell’opera milanese al Maestro è rimasta «la memoria di 18 anni intensi e curiosi. Un periodo molto creativo per la Scala, ma anche per Milano, a quei tempi vera fucina di idee e di intelletti».

Alla Scala Abbado inizia la sua rivoluzione: affiancare passato e presente, classici e contemporanei, proporre musicisti inediti, dar spazio alla musica sinfonica. «Bruckner per esempio, non era mai stato eseguito, né alla Scala né in Italia. E anche Mahler. E Maderna, Donatoni, Boulez, Sciarrino... Le grandi prime di Luigi Nono e di Stockhausen. Il Festival Berg, il Festival Musorgskij. L’esperienza di "Musica del nostro tempo" con Pollini e Manzoni...», dice Abbado nell’intervista.
Una rivoluzione difficile. Non sono mancati né fischi né contestazioni. «Ma gli applausi via via crescevano. Via via il pubblico cambiava, più giovane, più "normale". La nascita della Filarmonica, l’esperienza di portare la musica nelle fabbriche, all’Ansaldo, alla Breda, alla Necchi, ha aperto a nuovi ascolti, ha smosso desideri di conoscere».
Quando diresse alla Scala la prima alla Scala di “Como una ola de fuerza y luz”, di Luigi Nono, ebbe un tale successo che il primo a essere stupito fu lo stesso compositore. Nono scrisse ad Abbado nel suo idioma italo-veneziano: «Ti gavevi rasone: se pol smover tuto, perfin la Scala. OSTIA!! E la smoveremo insieme».
“Difatti. Il concetto di musica, di farla e di ascoltarla, stava cambiando a rotta di collo. Musica non più come evasione ma come impegno. Sociale, politico. Pollini che prima del concerto in Conservatorio legge una dichiarazione contro i bombardamenti Usa in Vietnam tra i fischi del pubblico. Abbado che cancella due repliche del Barbiere di Siviglia in segno di lutto per l’attentato di piazza Fontana”, scrive la Manin.

Un uomo
Claudio Abbado Ha ricevuto innumerevoli riconoscimenti, uno degli ultimi dal Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, che lo ha nominato Senatore a vita.
Dopo una vita intensissima, si è spento il 20 gennaio a 80 anni nella sua casa a Bologna. Il 27 gennaio in suo onore a Milano, a porte aperte e con il teatro vuoto, in mondovisione, è stato ricordato con la “Marcia funebre” dell’Eroica di Beethoven.
Fuori, in piazza, in totale silenzio, c’erano ottomila persone.
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